Dal 2005 viene pubblicato ogni anno: è il World Health Statistics e contiene la raccolta annuale dei dati relativi alla salute dei 194 stati membri e una sintesi dei progressi compiuti per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals - MDG). Sul sito dell’Oms è stato pubblicato a maggio l’edizione 2015 che contiene una serie di indicatori relativi a mortalità, malattia, speranze di vita, servizi e trattamenti sanitari, fattori di rischio per la salute, ecc.
I dati che si riferiscono all’Italia ci parlano di un’aspettativa di vita alla nascita che nel 2013 si è attestata a 83 anni, nel 1990 era di 77 anni. Un aumento che porta l’Italia al secondo posto al mondo, dopo il Giappone che guadagna il primo posto con 84 anni. L’indice di mortalità neonatale per mille nati vivi è di 2 nel 2013 (6 nel 1990). Analizzato anche l’indice di mortalità per gli adulti, cioè la probabilità di morte tra i 15 e i 60 anni di età per 1000 abitanti. Anche in questo caso l’Italia segna ottimi risultati, poiché i numeri quasi si dimezzano: per gli uomini, infatti, si è passati da 129 a 69, mentre per le donne il dato scende da 60 a 38. Le statistiche demografiche fotografano invece un “Paese vecchio”: se l’età media è di 44 anni, solo il 14% della popolazione ha meno di 15 anni mentre il 27% è over 60.
Osservando la situazione mondiale un dato colpisce: se è vero che si è dimezzato il numero di donne morte per complicazioni durante la gravidanza e il parto, in 13 Paesi con tassi di mortalità tra i più alti al mondo, si è fatto ben poco per superare la situazione, e in tutto il mondo ben il 64% delle donne riceve solo il minimo raccomandato di visite durante la gravidanza.
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